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“Noi non ci fermeremo, continueremo ad occupare” . Gli attivisti del movimento Teatro Pinelli Occupato l’avevano annunciato ieri mattina dopo lo sgombero dell’Ex Casa del Portuale, stabile che ormai da quasi un anno era diventato sede fissa dell’apparato di lotta.

L’opinione pubblica di certo si aspettava un altro colpo di scena, un ritorno alle ZTL tanto amate dai Pinellini ma mai la cittadinanza avrebbe pensato al “colpaccio” messo a segno proprio in queste ore. Gli attivisti hanno infatti deciso di lanciare un messaggio chiaro e forte alle istituzioni, decidendo di occupare, in serata, precisamente alle ore 23:00, il Teatro Vittorio Emanuele; dopo essersi introdotti all’interno della struttura forzando una porta secondaria, i ragazzi hanno dichiarato dal palco la liberazione dell’immobile, il quale da mesi ormai è interessato da colpi di mano amministrativi che hanno lesionato gravemente l’offerta teatrale cittadina.

Ma quale il perché di questa scelta? A chiarire le motivazioni ci hanno pensato i membri del movimento attraverso la Pagina Facebook Ufficiale, rendendo noto l’atto: ”Dopo l’abuso di stamattina, il teatro Pinelli decide di riaprire un altro spazio simbolo della morte della cultura. Ucciso da decenni di devastazione e saccheggio operati dai poteri pubblici, il teatro Vittorio Emanuele è di nuovo libero: vi aspettiamo!”, recita il post pubblicato pochi minuti fa. Il Teatro simbolo della città è adesso occupato dagli stessi messinesi che per mesi hanno reclamato l’attenzione degli apparati regionali, senza ottenere risposte ed unicamente rimanendo con un pugno di mosche in mano.

Adesso il grido di rivolta, a quanto traspare dalle dichiarazioni dei Pinellini, è giunto a livelli altissimi, un altro capitolo della rinascita culturale ed artistica messinese è appena iniziato.

Fonte: La Provincia Messina

scuole-occupate-senigalliaDa una settimana il Liceo Scientifico e Linguistico Enrico Medi e la sede di Scienze Umane del Liceo Classico Perticari sono in occupazione. Non accadeva dagli anni ’70. Non sono occupazioni agite da una minoranza, non sono dei “seghini” di massa, non sono delle cogestioni tra studenti, corpo docente, preside e polizia, e ancora meno, non sono l’ennesima farsesca messa in scena della mitologia sessantottina. Come in tutta Italia, anche qui, nella benestante e rossa provincia marchigiana, gli studenti delle scuole superiori hanno smesso di guardare il proprio giardino per cominciare ad occuparsi – in tutti i sensi – del mondo, a partire da quello che è a loro più prossimo: la scuola pubblica. Non siamo qua a scrivere parole di solidarietà agli occupanti. La solidarietà la lasciamo ai politici locali in cerca di voti e a chi non sta dentro i conflitti sociali, ma li osserva e li giudica dall’esterno. Non ci interessa essere solidali. Ci interessa costruire un comune tra i soggetti colpiti dalla crisi, ci interessa coalizzare l’indignazione, organizzare la rabbia, renderla politicamente contundente: sottrarre privilegi per affermare diritti. Come Spazio Comune Autogestito Arvultùra, abbiamo costruito insieme agli studenti medi senigalliesi lo sciopero generale europeo del 14 novembre, siamo scesi in piazza insieme il 24 novembre, e ora abbiamo attraversato le occupazioni cittadine che si sono snodate intorno alla data di mobilitazione nazionale del 6 dicembre. In questi giorni abbiamo partecipato alle assemblee, parlato con gli studenti, ci siamo confrontati sul rapporto tra crisi, debito e riforme scolastiche. Il ddl 953 ex-Aprea, è stato solo l’addentellato per riaprire uno spazio pubblico e conflittuale che immediatamente è entrato in cooperazione con le lotte operaie, con i precari, i disoccupati, gli studenti universitari e gli insegnanti. Gli studenti medi hanno la piena consapevolezza che in gioco non c’è solo il ddl Aprea e quindi la difesa della scuola pubblica dal suo divenire privata e aziendale, ma la possibilità di immaginarsi un futuro, una vita degna. Questa nuova generazione sta vedendo le proprie famiglie impoverirsi, i genitori perdere il lavoro, i fratelli maggiori laureati e disoccupati. Per questi ragazzi la rappresentanza politica è qualcosa di sconosciuto, le primarie un reality privo di interesse, e i sindacati … quei sconosciuti. Occupare vuol dire affermare la propria autonomia dentro un agire collettivo, ri/prendersi il presente per conquistare il futuro. Rompendo le regole della protesta cogestita e compatibile una generazione cresciuta dentro la devastazione socio-culturale del berlusconismo, ha preso parola. Noi siamo con loro. Ci manca troppa fantasia per sopportare la realtà.

Spazio Comune Autogestito Arvultùra

E’ dallo scorso venerdì che i lavoratori e le lavoratrici della Icb Srl di Legnaro, azienda di sartoria a pochi chilometri da Padova, hanno deciso di occupare i locali della ditta per chiedere il regolare pagamento degli stipendi, sospesi dal mese di Luglio. La vicenda ha inizio durante l’estate, quando il titolare della Icb ha annunciato ai dipendenti l’arrivo di una grossa commessa da una sartoria di Parma, un lavoro imponente ma da chiudere in tempi brevi, per il quale i lavoratori e le lavoratrici di Legnaro sono stati costretti a lavorare a ritmi serrati, rinunciando anche a parte delle ferie. A commissione ultimata, però, arriva la notizia della sospensione dei pagamenti: l’azienda parmense afferma di essere indietro con le fatture e di non poter pagare il lavoro svolto; nonostante le reiterate richieste, i dipendenti della Icb rimangono senza busta paga. Ad Agosto arriva poi la sospensione della corrente e dei macchinari per il mancato pagamento delle bollette da parte dell’azienda; a quel punto scatta la protesta dei 70 dipendenti della Icb (quasi tutte donne), che decidono di occupare i locali, impendendo all’azienda di Parma di venire a ritirare il lavoro mai pagato. Da venerdì, dunque, i lavoratori e le lavoratrici della Icb presidiano notte e giorno il posto di lavoro; “Continueremo l’occupazione fino a quando avremo certezza del nostro stipendio” dicono tutte. La notizia si è diffusa in fretta e ha trovato l’immediata solidarietà di tutta Legnaro; d’altronde, la situazione della Icb non è diversa da quella di tante altre aziende tessili sparse sul territorio di Padova. Per ieri era previsto un incontro in Provincia con l’assessore al lavoro; i dipendenti della Icb fanno sapere di avere scarsa fiducia nel fatto che possa essere risolutivo della loro situazione, ma anche di non avere intenzione di abbandonare l’occupazione fino a quando non riceveranno risposte concrete. La vicenda della ditta di Legnaro ci restituisce il ritratto di un mondo del lavoro sempre più precario ai tempi della crisi, fatto di ricatti, stipendi sospesi e straordinari obbligatori; ma anche quello della determinazione e il coraggio di chi non si rassegna all’etica del sacrificio e decide di mettersi in gioco in prima persona per combatterla.

Fonte: Infoaut

La vertenza dei disoccupati dell’ex progetto conoscenza e lavoro deve avere la stessa priorità delle altre vertenze che vedono protagonisti i precari e interinali impiegati nelle varie società miste/bacino. Neanche uno dei disoccupati dell’ex progetto, seppure formato e specializzato, ha avuto il piacere di effettuare almeno un’ora di lavoro né nelle Società Miste né in altri ambienti lavorativi salernitani. Al danno derivato dai vari processi, denunce ed intimidazioni per acquisire e reclamare il diritto al lavoro e al reddito si aggiunge anche la beffa che i disoccupati di Salerno non vedranno neanche un euro del Piano Regionale per il Lavoro destinato alle imprese disposte ad assumere gli stessi, in quanto, a marzo i fondi saranno esauriti perché erogati in tutte le provincie e città della Regione Campania tranne che a Salerno. Sono quasi 3 anni che il Movimento dei Disoccupati dell’ex Progetto Conoscenza e Lavoro chiede, reclama giustizia!!! Sono quasi 3 anni che il Movimento si rivolge ai rappresentanti delle principali istituzioni ed enti della nostra città. Come è possibile che, a quasi 3 anni dal termine della prima parte del Progetto e dopo aver effettuato 400 ore di formazione, ottenuto un attestato di qualifica e dopo aver sostenuto un esame difronte le commissioni regionali, nessuno ha spiegato perché non è stato completato il percorso d’inserimento lavorativo con le Work Experience in azienda, come da Decreto (Burc n.51 del 24/09/2007) e da decreto dirigenziale (A.G.C. 17 del 30/11/2009). Che fine hanno fatto i 2.500.000 di euro dei Fondi Europei 2007/2013  (Burc n.51 del 24/09/2007) destinati a completare il percorso formativo con le Work Experience in azienda? Perché sulla nostra denuncia (pubblica e su carta) di avvenuta “distrazione dei fondi pubblici europei destinati ai corsisti salernitani” ipotesi avvalorata anche dall’Assessorato al Lavoro della Provincia di Salerno (giunta Cirielli), che affermava addirittura la sparizione ed il furto dei Fondi Europei destinati al progetto; la Procura della Repubblica di Salerno che ha ricevuto la denuncia (ai sensi di legge sulla trasparenza 241/90) non ha preso nessun provvedimento? Sono quasi 2 anni, anche con la nuova giunta regionale Caldoro/Nappi, che il movimento chiede ai principali rappresentanti delle istituzioni di utilizzare i fondi del Piano Regionale per il Lavoro. Questi fondi sono ad esaurimento (Marzo 2012) e, mentre a Napoli e Provincia sono più di un migliaio le imprese che hanno aderito, nella città di Salerno neanche una, con la conseguenza che, come al solito, la nostra città resta fuori da ogni tipo di finanziamento europeo. I nostri appelli cadono nel vuoto, come se a Salerno il problema lavoro/reddito non esistesse. Anche quando si tratta di utilizzare fondi europei destinati all’occupazione, così da permettere alle imprese/cooperative di assumere senza spendere un euro per  occupare questa mano d’opera disponibile per lavori legati al riassetto idrogeologico per la difesa del territorio salernitano, nell’ambito della prevenzione, per evitare sciagure e disastri. Un esempio di impiego può essere quello legato agli interventi in difesa e per il ripascimento del litorale del Golfo di Salerno, tra la foce del fiume Picentino e Torre San Marco, lavori per un importo di 70 milioni di euro. Basterebbe solo un po’ di buon senso e  responsabilità da parte delle Istituzioni per affrontare le varie emergenze, da quella ambientale a quelle storiche – emergenze abitative, lavoro/reddito, sociali e sanitarie! Basterebbe solo un po’ di buon senso da parte degli Enti Pubblici che, nella riduzione dei danni provocati dalle varie manovre finanziarie scellerate, potrebbero utilizzare i fondi del Piano Regionale per il Lavoro che giacciono a Napoli e che rischiano non solo di sparire ma di essere destinati magari nei bacini elettorali delle forze politiche che governano la regione Campania e le province.

Movimento Disoccupati di Salerno