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E’ iniziato il processo d’appello per il caso Mastrogiovanni. Il caso del Maestro più Alto del Mondo morto nel reparto di Psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania è diventato di stretta attualità nazionale. Al processo di primo grado nella sentenza del 30 ottobre 2012 il primario Michele Di Genio è condannato alla pena complessiva di 3 anni e 6 mesi di reclusione; Rocco Barone, che dispose senza annotarla in cartella la contenzione, a 4 anni, stessa pena a Raffaele Basso; 3 anni ad Amerigo Mazza e a Anna Angela Ruberto, di turno la notte del 3 agosto 2009 durante la quale il cuore di Mastrogiovanni cessò di battere e si accorse del decesso sei ore dopo. Michele Della Pepa è condannato a 2 anni, con sospensione della pena. Per tutti l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. I dodici infermieri vengono invece assolti. Ne abbiamo parlato con Peppe Tarallo presidente del Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni.

E’ ripreso il Processo Mastrogiovanni. Ora si è passati a Salerno alla Corte d’Appello, cosa chiedete?

Ci aspettiamo verità e giustizia piene. Nel primo grado ci sono aspetti importanti che   definirei storici come l’aver dichiarato illecita e contro legge la contenzione e aver definito la stessa, per le modalità e il tempo per cui è durata, sequestro di persona e aver fatto discendere da questa la causa di morte. Per fortuna c’è una verità incontestabile e inoppugnabile costituita dal video e una relazione medico-legale ineccepibile e veritiera che durante il processo non è stata neanche scalfita dai tentativi della difesa di trovare cause … naturali o dipendenti da pregresse e preesistenti patologie di Franco, di tipo cardiaco, che comunque sarebbe stata aggravata e fatta precipitare dal regime di prolungata contenzione e dalla mancanza di cure mediche. Anzi in questo caso è mancata perfino la cura della persona lasciata agonizzare in un letto costretta ai quattro arti fino alla fine in giornate torride: altro che tortura e trattamento disumano! Inoltre non solo non gli è stato dato da bere né da mangiare per tutto il tempo (82 ore) ma le poche flebo fatte per idratarlo erano largamente e assolutamente insufficienti per la sua stazza, senza contare che quello che gli veniva somministrato per contenerlo anche farmacologicamente (nel suo caso si sono sommate due tipi di contenzione e i loro effetti combinati risultati letali) erano dosi ritenute durante il processo eccessive e non appropriate al caso. Di fronte a questo caso cosa possono chiedere i familiari di fronte a questo ‘trattamento’ del proprio congiunto? Cosa possono chiedere le parti civili di fronte al trattamento di un cittadino entrato in ospedale per essere ‘curato’ che ne esce morto, affinché casi del genere non si ripetano MAI PIU’? Tenendo conto che in questo reparto di un ospedale pubblico cui ogni giorno i cittadini si affidano con fiducia Mastrogiovanni non è stato affatto curato ma gli è stata inflitta una tortura che gli ha procurato la morte.                                                             Se questo è quello che chiediamo, a livello di processo dico, quello che temiamo è la prescrizione per cui chiediamo una conduzione ferma e serrata come ha fatto la dr.ssa Garzo in quello di 1° grado, contenendo i tempi e stroncando così qualsiasi tentativo dilatorio delle difese, visto che è l’unica arma che hanno.

In primo grado c’è stata la condanna dei medici e l’assoluzione degli infermieri. Come leggi la sentenza?

Ho più volte detto che le pene inflitte ai medici sono irrisorie perché, come è stato fatto rilevare efficacemente dagli avvocati di parte civili, e in particolare dall’avv. Valentina Restaino, queste sono le pene, e credo neanche il massimo, che il codice prevede per il maltrattamento di animali (oltretutto Franco è stato trattato peggio: ad un cane legato si dà almeno l’acqua in una ciotola e un po’ di mangiare). E se le riteniamo irrisorie non è per giustizialismo o sete di vendetta (personalmente ho scritto e detto che vorrei fossero condannati ad essere … buoni, buoni medici e buoni infermieri) ma niente affatto proporzionate alla gravità dei reati contestati e a loro imputati che hanno portato a morte un uomo. Quanto alla sentenza la riteniamo molto positiva e di valore storico senza precedenti perché è la prima volta che vengono sancite le illiceità e  illegittimità della contenzione giudicata sequestro di persona da cui si è fatta dipendere la morte del paziente, ma altrettanto, fin da subito, profondamente sbagliata, sia dal punto di vista umano che dell’etica professionale, per l’assoluzione degli infermieri. La motivazione è la stessa invocata sempre da chi giustifica la commissione di crimini dovuta  a un presunto obbligo di ‘dovere’ obbedire agli ordini di superiori: è una motivazione antistorica (ricorda la tesi dei nazisti),antimorale e contraria all’etica anche professionale, oltre che antigiuridica. Gli infermieri non sono servi senza diritti né doveri rispetto ai medici: essi sono collaboratori della funzione medica (non per niente oggi gli infermieri sono chiamati ‘paramedici’) e la deontologia professionale semmai obbliga al dovere di disobbedire o denunciare e segnalare certi ‘ordini’ ritenuti illeciti e non terapeutici. Questa tesi è stata ribadita e sostenuta, nella fase cautelare, sia dal Giudice del riesame che dalla Cassazione. E poi quale ordine, impartito da chi e quando?! L’ordine di contenere Mastrogiovanni non risulta annotato in cartella e quindi formalmente non impartito ed è stato eseguito approfittando della sua contenzione farmacologica (Franco è stato legato quando era sotto gli effetti dei farmaci ed era in uno stato di sonno e di incoscienza) e osservato ininterrottamente fino alla morte del paziente e si è protratto di turno in turno sia dei medici che dei paramedici.

Avete anche più volte chiesto, a partire dal caso Mastrogiovanni, l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento legislativo italiano. A che punto è l’iniziativa?

Il reato di tortura aspetta da oltre 25 anni di essere recepito nell’ordinamento da quando l’Italia ne ha sottoscritto l’impegno a livello internazionale e questo già la dice lunga su ciò che avviene e si tollera nel nostro paese, che è il paese di Beccaria e pretende di essere la patria del diritto. Ora finalmente c’è una proposta di legge a firma del sen. Manconi ed altri che è stata approvata già al Senato, uno dei 2 rami del Parlamento, quello che vogliono sopprimere o meglio trasformarlo in non elettivo e con altre competenze. Noi come Comitato, amici e familiari di Franco abbiamo parlato fin da subito di tortura o quanto meno di trattamento inumano e la stessa cosa gli altri comitati e familiari dei tanti morti nelle mani dello Stato. La nostra richiesta che appunto non è nuova si rinnova ora in un momento in cui comincia il processo d’appello e la proposta di legge è stata approvata al Senato e aspetta di essere approvata e confermata alla Camera dei deputati. L’introduzione di questo reato è una grande conquista di civiltà ed è (un atto) dovuto alle tante morti di Stato e deve servire ad evitarne altre e, qualora se ne dovessero verificare ancora, a punirle come meritano. Come cittadino e come Presidente del Comitato sono personalmente e particolarmente contento di come questo reato è stato formulato dal senatore Manconi che ha tenuto conto in questo del caso Mastrogiovanni -che per altro lui ha seguito e continua a seguire con attenzione e partecipazione non comuni- come degli altri casi di morte avvenuta e patita da persone che si trovavano nelle mani dello Stato, carceri o ospedali che fossero e comunque ad opera di ‘servitori’ dello Stato che così facendo hanno profondamente tradito. Finalmente il reato di tortura si configura non solo quando essa è finalizzata ad estorcere confessioni e segreti ma anche nella pratica quotidiana quando essa, a mio parere, è ancora più odiosa perché gratuita. Nel nostro primo comunicato stampa diramato a conclusione della prima udienza di appello abbiamo chiesto un’audizione per  consegnare alle commissioni e a ogni componente di esse il video della ‘tortura’ di Mastrogiovanni :il senatore Manconi -che presiede la Commissione Diritti Umani-  ha fatto sapere che saremo convocati quanto prima. Tanto per capirci, se fosse in vigore già questo reato, la pena prevista in questo caso sarebbe di 30 anni … una giusta pena e un ottimo deterrente per comportamenti simili.

Pochi giorni fa c’è stata la sentenza sul caso Cucchi che ha deciso di non decidere. Avete paura che possa succedere lo stesso per Mastrogiovanni?

La sentenza Cucchi ha allarmato tutti e tutta la società civile perché non è civilmente e moralmente accettabile una giustizia di Stato che si autoassolve. Il caso Cucchi, come quello di tanti altri, è di così palmare evidenza che ha spinto perfino il Presidente del Consiglio ad esprimere il suo sconcerto e sgomento. Bisogna dire però che la sentenza ultima è figlia di indagini e relazioni assolutorie e fuorvianti su cause e responsabilità della sua morte. Alla base e fondamento del processo Mastrogiovanni ci sono invece  una prova, anzi la prova provata, inoppugnabile e incontrovertibile, del video e la perizia medico-legale che non lasciano dubbio alcuno sulla causa della morte e sul comportamento e le responsabilità del personale sia medico che paramedico. Potranno continuare, le difese, a tentare di ribaltare la perizia (infatti sembra che abbiano chiesto una nuova autopsia a questo scopo ma, a mio parere, anche a scopo dilatorio, ché  è l’unica arma che gli rimane per salvare con la prescrizione i loro clienti) ma non potranno mai e poi mai ribaltare la verità del video che ci consegna l’immagine di Franco tranquillo, sereno e affabile (stringe la mano agli stessi infermieri che di lui poi non avranno nessuna pietà e cura),che viene sedato senza opporre resistenza e legato poi ai 4 arti durante la sedazione farmacologica; che viene abbandonato a se stesso in queste condizioni abbiette senza cura e senza essere né appropriatamente idratato e alimentato, senza un controllo minimo medico-infermieristico tanto che nessuno si accorgerà della sua morte, avvenuta nella notte, se non dopo ore quando ormai era giorno: quale perizia medico-legale potrà mai negare la stretta dipendenza della sua morte dalla contenzione prolungata dall’inizio fino alla fine, dall’assenza di cure o per cure sbagliate e inappropriate, dalla mancanza di idratazione e alimentazione, e dalla sua posizione allettata che non poteva non portare all’edema? Per questo dico che non temiamo sulla base degli atti e dei fatti nulla di simile ad altre sentenze di altri casi per sfortuna non assistiti da questo tipo di prove. Quello che temiamo, come ho detto, è la prescrizione che può essere favorita da manovre dilatorie laddove venissero consentite. E anche se abbiamo fiducia e stima nel collegio giudicante le esperienze della storia giudiziaria sulle morti di Stato ci mantengono preoccupati ma anche  vigili e allerta. Come abbiamo dimostrato siamo capaci, all’occorrenza, di muovere e mobilitare l’attenzione pubblica e dei mass-media. E ancor più abbiamo fiducia nei nostri avvocati che pur non di grido hanno dimostrato capacità e passione professionali e civili in questo processo e dalla presenza e sostegno delle associazioni costituitesi parte civile e di tutte quelle che in Italia e anche fuori di essa ci esprimono sostegno e solidarietà non comuni.

Chi era nella quotidianità Mastrogiovanni?

Franco Mastrogiovanni era nella vita un maestro, il ‘maestro più alto del mondo’  come avevano amato chiamarlo i suoi alunni, amante della buona lettura e dei buoni libri, colto, solitario quanto socievole ed affabile. Aveva avuto una militanza anarchica che lo vide coinvolto nel caso del delitto Falvella (di cui pochi giorni prima si era celebrato l’anniversario caduto il 7 luglio) e per questo processato, detenuto e assolto: per questo era rimasto sempre nel mirino e all’attenzione delle forze dell’ordine che nel ’99 (tornato da Bergamo dove aveva insegnato per anni) per futili motivi lo fermarono e aggredirono e fecero arrestare: condannato a Vallo della Lucania (il P.M. era lo stesso che, subentrato nel processo ha svolto la requisitoria contro Franco ed ha archiviato le denuncia di Comitato e familiari sulla vicenda del TSO) fu assolto e risarcito per l’ingiusta detenzione in appello a Salerno. Alcuni richiamano i suoi precedenti TSO (a mio parere altrettanto discutibili) e certi suoi momenti di sofferenza e di crisi ormai oggi tanto comuni quanto diffusi, soprattutto se teniamo conto del suo vissuto del carcere patito ingiustamente e anche degli stessi TSO subiti. Ma quale che fossero i suoi comportamenti e il suo carattere nulla giustifica né il TSO ultimo  né la tortura e la morte che gli sono stati inflitte. Sul frontespizio della sua cartella clinica era anche annotato che nell’ultima settimana “ha manifestato una recrudescenza sintomatologia caratterizzata da innalzamento del tono dell’umore, irascibilità, comportamenti aggressivi etero diretti e vagabondaggio” :chi ha dato queste informazioni? Perché è stata riportata una simile circostanza peraltro non veritiera? Comunque, anche se Franco non svolgeva militanza politica era rimasto uno spirito libero e libertario, ispirato dai suoi ideali anarchici tanto è che prima di consegnarsi nelle mani delle forze dell’ordine (e degli infermieri) che erano intervenute a catturarlo e ‘sequestrarlo’, quasi presago della sua fine (‘se mi portano a Vallo mi ammazzano’ aveva detto) intona canti anarchici e frasi di scherno verso il governo e lo Stato.

Quali iniziativa avete in cantiere come Comitato?

Familiari, Comitato e associazioni in occasione del primo comunicato stampa redatto a conclusione della prima udienza d’appello si sono impegnati a dar vita a tutte le iniziative che si riterranno opportune durante le fasi del processo sia per gli obiettivi strettamente processuali e sia per gli obiettivi ‘civili’ che abbiamo sempre detto e che sono riportati proprio nel testo del comunicato e a cui diamo la massima importanza affinché cose e casi simili non accadano MAI PIU’ . Il primo obiettivo civile e politico è quello di ottenere e convincere il Parlamento a votare e recepire definitivamente il reato di tortura. Altrettanta importanza è ottenere da Regioni e Stato quelle misure e norme che impediscano o rendano più difficile che si ripetano casi simili (nuove linee guida e norme che vietino esplicitamente la contenzione fisica, videosorveglianza nei reparti con obbligo di conservarla per 5 anni, accessibilità ai reparti di familiari e associazioni di volontariato, rispetto della dignità e libertà del paziente che non perde lo status di persona e cittadino una volta entrato in reparto, etc. si veda il comunicato che chiedo che pubblichiate).    Il Comitato non lascerà nulla di intentato per ottenere verità e giustizia piene affinché non accada MAI PIU’: solo così ci sentiremo di aver rispettato e onorato la morte di Franco, solo se la sua morte orribile e indegna non abbia a patirla nessuna altra persona.

L’intervista è tratta dall’ultimo numero di Buco1996-nei secoli a chi fedeli??? che potete leggere gratuitamente cliccando qui

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Attivista e volto storico del Movimento No Tav, impegnata nelle problematiche dell’ambiente, dell’istruzione e non solo. Figlia di operai, è stata insegnante di materie umanistiche dal 1973 al 2006. È protagonista della vita politica e sociale del territorio piemontese e ha partecipato a numerose lotte: contro il mega-elettrodotto “Grand-Ile Moncenisio-Piossasco”, che avrebbe sconvolto la Val di Susa; contro l’autostrada Torino-Bardonecchia; per l’apertura di un liceo scientifico pubblico nella zona della media Val di Susa, che ne era sprovvista. Ha solidarizzato con le lotte sindacali in varie fabbriche del territorio piemontese ed è stata una figura traino della lotta contro il nucleare e la privatizzazione dell’acqua. Da sempre impegnata contro le guerre, dalla Iugoslavia, all’Iraq, all’Afghanistan, si batte per il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Questa la biografia di Nicoletta Dosio che è candidata alle elezioni Europee con “L’Altra Europa con Tsipras”. In vista del 25 maggio l’abbiamo voluta ascoltare per capire cosa l’ha spinta a compiere questo passo e soprattutto cosa può cambiare andando a votare il prossimo 25 maggio l’unica compagine effettivamente di Sinistra e che affonda le radici nei Movimenti.

Negli ultimi anni la sinistra “radicale” ha più volte tentato di confederarsi in vista delle tornate elettorali, in piattaforme politiche ed esiti alle urne poco convincenti. In cosa “un’altra europa” si differenzia dalle precedenti esperienze?

Se sarà solo una giustapposizione di gruppi diversi, non differirà in molto dalle esperienze precedenti. Se invece cercherà di essere una collettività di persone che, partendo da una visione del mondo correttamente anticapitalista e antiliberista, si proporrà di mettere insieme esperienze diverse su un obiettivo comune coerentemente perseguito, potrà diventare qualcosa di più di un semplice cartello elettorale.

I sondaggi in corso sono incoraggianti, tuttavia a livello di potere decisionale sarete comunque iperminoritari in parlamento. Cosa rispondi a chi dice che votando, anche per voi, si legittima semplicemente un organismo malato e repressivo senza dare abbastanza forza a chi, come voi, vuole guarirlo?

Non credo sia guaribile l’Europa della troika e del fiscal compact, semplicemente perché non è malata, ma costituisce un lucido progetto del capitale, volto a demolire tutti i diritti e le conquiste sociali e a privatizzare patrimonio e servizi pubblici, a vantaggio di pochi potenti e a danno di tutti. Io credo che sia solo con la collaborazione delle lotte popolari e reali che si possa abbattere questi meccanismi e ricostruire un’altra Europa, quindi votare non basta, ma può fornire strumenti a supporto delle lotte.

Per chi vive in val di Susa il tuo percorso politico e di lotta (notav ma non solo) è notissimo; vuoi provare a raccontare chi sei a dei lettori che non ti conoscono?

E’ difficile raccontarsi in poche parole senza sembrare autoreferenziali, ho una certa età e di cose ne ho vissute tante. Diciamo che ho scelto di impegnarmi per le lotte e per i diritti sociali molti anni fa, prima ancora che nascesse il movimento No Tav di cui ho fatto parte da subito, e ho sempre cercato di incontrare e fare incontrare lotte diverse, da quelle per la casa a cui tengo molto a quelle per l’autodeterminazione dei popoli, a cui tengo anche di più.. Ma ai lettori che non mi conoscono alla fine dico di scendere in piazza, che magari ci incontriamo!

Perché e con quali obiettivi hai accettato la candidatura?

L’ho accettata perché la considero un piccolo strumento in più che posso usare a servizio dei conflitti sociali che stanno nascendo o che devono crescere, a livello italiano ed anche europeo. Se il nemico, lo strapotere finanziario del capitale, è globale, anche le lotte devono allargarsi almeno su scala internazionale se vogliamo avere successo. Il mio intento è dare un contributo in questo senso.

In ultimo, come di rigore, ti chiedo di fare un appello al voto per “Un’altra Europa”…

Votare per l’Altra Europa con Tsipras non deve significare dare una delega una volta per tutte, ma utilizzare anche questo strumento per creare poi, dal basso e insieme, l’Altra Europa dei popoli, dei diritti, dell’ambiente, di un lavoro dignitoso e rispettoso della qualità della salute e della vita. Utilizzare gli strumenti, la documentazione ed il peso dei parlamentari europei in aggiunta ad una lotta che non può che essere dal basso e collettiva.

Davide Gastaldo

L’intervista è stata pubblicata nell’ultimo numero del mensile di controinformazione “Buco1996-nei secoli a chi fedeli???” 

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Lo scorso 4 ottobre O’ Zulù con i 99 Posse è stato al Csoa Jan Assen di Salerno. Una serata in Electronic Live Set per proporre la sua testimonianza di antifascista militante e di cantante impegnato per il sociale e per le lotte territoriali a difesa dei deboli e di coloro che sono esclusi dalla quotidianità per meri calcoli economici.

In questo contesto, grazie alla collaborazione dei ragazzi del Csoa Jan Assen, abbiamo ascoltato in una lunga intervista proprio O’ Zulù e qui vi proponiamo un video dell’intervista che ci ha rilasciato prima di iniziare il concerto.

ECCO IL VIDEO CON L’INTERVISTA A O’ ZULU’

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Con l’aggravarsi della crisi e delle politiche di austerità sta sempre più emergendo il problema abitativo. Sempre più persone non riescono a pagare l’affitto o il mutuo e sono sottoposte a provvedimenti di sfratto per morosità o pignoramento da parte delle banche. In questa situazione le famiglie si autorganizzano per resistere agli sfratti, per creare reti di solidarietà e per veder rispettato il diritto all’abitare. Già in diversi numeri del nostro mensile ci siamo occupati di questa problematica che si presenta in diverse città italiane, ma sotto le stesse forme. L’emergenza abitativa infatti interessa e coinvolge un numero sempre più alto di persone. Il numero degli sfratti e dei pignoramenti cresce di giorno in giorno. In particolare a Pioltello, città di circa 38mila abitanti in provincia di Milano, la situazione sta diventando drammatica. Per questo motivo è nato Mo.Ca.Pi (Movimento Casa Pioltello): “Ci sono famiglie – si legge nel manifesto di fondazione della rete per la difesa dell’abitare – che da mesi vivono nel terrore dello sfratto. Ci sono famiglie che da mesi vivono in alloggi provvisori e sovraffollati in attesa di un’assegnazione. Di fronte a questa emergenza le risposte politiche finora adottate dal Comune di Pioltello sono inadeguate perché non offrono una soluzione duratura. Il diritto all’abitare deve essere alla base della quotidianità di ciascuno di noi e non può essere negato e quindi deve essere rivendicato da tutti”. In particolare la problematica che si vive a Pioltello, città situata a sei chilometri da Milano e che ha conosciuto negli anni Sessanta e Settanta una fortissima crescita della popolazione con la conseguente nascita di quartieri residenziali di basso costo e bassa qualità, è davvero particolare: “Negli ultimi due mesi – hanno sostenuto gli aderenti al Mo.Ca.Pi. nella protesta che li ha visti impegnati a metà giugno con una serie di striscioni affissi lungo le strade della città – in città ci sono stati venti sfratti esecutivi che hanno coinvolto altrettante famiglie, molte delle quali con minori, invalidi o persone malate. La nostra azione esemplare di appendere striscioni è stato un modo per rendere manifesto quello che è un problema sottaciuto, che può trasformarsi in emergenza nel giro di poco tempo”. Infatti sono sempre di più le famiglie italiane e straniere che non riescono a far fronte all’affitto o alle spese condominiali, non pagano e quindi corrono il rischio di perdere anche il tetto sotto cui stare: “In molti casi – hanno aggiunto durante la campagna dello scorso giugno gli aderenti al Mo.Ca.Pi. – si parla di donne e uomini con figli, spesso minorenni, senza lavoro, senza un appoggio che li possa sostenere nel momento di difficoltà. A Pioltello c’è estremo bisogno di case ad affitto agevolato da destinare alle persone che vivono con l’incubo dello sfratto pendente sulla propria testa”. Proprio su questi temi abbiamo intervistato i protagonisti di questa lotta iniziata lo scorso marzo, ma che sta già trovando numerosi proseliti.

Come e perché nasce il Movimento Casa Pioltello?

Il punto di partenza è stato una richiesta di aiuto da parte di una famiglia sotto sfratto al Centro di Cultura Popolare, realtà presente da vari anni sul territorio. Da subito anche altre realtà della zona si sono attivate per fermare lo sfratto e per iniziare un percorso approfondito sulla questione abitativa su Pioltello, paese dell’hinterland milanese di circa 38.000 abitanti.

Da quali realtà è composto il vostro Movimento?

Oltre alla partecipazione di cittadini di Pioltello coinvolti nelle problematiche abitative o semplicemente interessati alla questione, il movimento è supportato dal Centro di Cultura Popolare di Piazza Garibaldi e dal CSA Baraonda di Segrate.

Come siete percepiti dalla cittadinanza che non partecipa attivamente alle vostre lotte?

Essendo un movimento nato solo a marzo del 2013, la popolazione sta iniziando ora a riconoscerci come nuova realtà. Le nostre attività di volantinaggio e più in generale, le nostre uscite sul territorio, hanno portato risultati positivi per il grande interesse dimostrato dalle persone; anche se tuttavia è difficile riuscire a coinvolgere gli interessati in maniera continuativa.

Ci riuscite a dare qualche dato relativamente al problema casa a Milano?

Ci sono più di 23.000 famiglie in graduatoria e 5.000 senza tetto ma Aler, Regione, e Comune tengono 4.000 case popolari vuote e riscaldate e 81000 private sfitte, questi sono dati relativi ad una campagna fatta a marzo in occasione del 10° anniversario dall’uccisione di Dax. Noi come movimento stiamo seguendo in specifico la realtà di Pioltello. Ci sono oltre 400 famiglie in lista d’attesa ordinaria, dato che non rispecchia la realtà visto che nel territorio vive un’altissima percentuale di immigrati che hanno diritto a fare richiesta di un alloggio. Aler ha avviato un progetto di quartiere con il Comune che prevedeva la costruzione di 36 appartamenti. I lavori, che dovevano terminare nel 2011, sono fermi da tempo, oltre a vari appartamenti di sua proprietà non assegnati.

Avete già fatto presente il problema al Comune?

L’assessore alle Politiche Sociali ci ha detto di essere a conoscenza del problema, ma che a Pioltello non c’è una vera emergenza e che non c’è bisogno di avere un piano case. Bisogna però guardare più in là nel tempo, perché gli sfratti sono in aumento costante.

Avete anche presentato delle proposte?

Abbiamo avanzato delle proposte, come per esempio il riutilizzo di una ex caserma di via Milano per la creazione di nuove residenze, oppure utilizzare  gli appartamenti che i privati non riescono a vendere affittandoli con un contributo comunale, ma a tutte le nostre proposte è stato detto di no. Anche per quanto riguarda le case Aler assistiamo a una situazione di disinteresse, con appartamenti che dovevano essere terminati da tempo per permettere a nuove famiglie di prendervi alloggio”. 

Come si può uscire da questo problema in un periodo di crisi?

Le soluzioni dovranno essere cercate partendo dalle vere esigenze delle persone, e quindi attraverso una organizzazione dal basso e iniziative popolari, anche perchè le istituzioni in questo periodo più che mai non trovano soluzioni adeguate.

Pensate che il Governo in carica riesca a dare risposte concrete al diritto all’abitare?

No. Siamo convinti che le soluzioni, anche in questo caso, devono partire dal basso.

Quali iniziative avete in cantiere nel prossimo futuro?

Sul nostro territorio ci concentriamo nel divulgare informazioni riguardo grandi opere inutili che si stanno costruendo a discapito dei servizi che invece dovrebbero essere forniti per garantire il rispetto dei diritti alla persona. Le modalità della lotta per il diritto all’abitare vengono decise volta per volta in base alla situazione e alle forze in campo.

Buco1996

1 maggioIn occasione del Primo Maggio, Controlacrisi ha intervistato un lavoratore precario, ora disoccupato, che vive a Roma, Luca Cerra. Noi riproponiamo l’intervista…

Un Primo Maggio che la tradizione vuole ancora dedicato al lavoro cozza contro una realtà costituita da tanto “non-lavoro”, ovvero dal dilagare del precariato…

E’ chiaro che il tema del lavoro rimanda a una tradizione che ormai è superata. Il tema del lavoro è cambiato, bisogna che ce ne convinciamo tutti”, sottolinea Luca. “Il nodo fondamentale resta quello delle condizioni lavorative, dei compensi e dei diritti. Lavorare da precario e accettare qualsiasi impiego non è propriamente un risultato per una società che si pregia del titolo di paese industrializzato. Il lavoro ormai è solo uno strumento per sopravvivere.

Il primo maggio è una festa che identifica fortemente l’organizzazione sindacale. Eppure è proprio lì che c’è un nodo da sciogliere…

Mi ricordo gli anni settanta e le lotte dei lavoratori, le loro importanti conquiste. Ho percepito cosa potesse significare. E’ stata una delusione cocente poi dover accettare che non hai diritto ad essere rappresentato. Ogni rivendicazione, anche minima, deve essere portata avanti da solo o con chi condivide la tua stessa condizione. E’ una cosa brutta che ti fa sentire tutta la tua debolezza contrattuale nei confronti del datore del lavoro, e quindi il suo potere di ricatto. E il fatto di non trovare le organizzazioni sindacali dalla tua parte è difficile da digerire. Si capisce, perché rispondono a determinati criteri che oggi non sono più veri Quando nello statuto del sindacato leggo scritto che tutela i lavoratori e non gli iscritti al sindacato e poi vedere che non solo non difende i lavoratori ma nemmeno i più deboli, mi chiedo se non siamo in presenza di una corporazione. Anche chi, tra i precari, ha contratti che consentono l’acceso al sindacato poi si ritrova in un sindacato che è una corporazione di fatto, chiusa nelle burocrazie e preda degli interessi di piccolo cabotaggio.

Cosa ti ha insegnato la tua esperienza di lotta?

La mia esperienza di lotta non mi induce a un grande ottimismo. L’unico modello che è utile a far uscire le rivendicazioni passa per un’autorganizzazione. Una autorganizzazione che parte da chi ha più buona volontà a far uscire il disaggio e cerca di creare una rete. La mancanza di punti di riferimento forti come poteva essere il sindacato scoraggia molti, però. Chi sta al potere sa benissimo come dividere i precari. E usa tutta la sua forza e il suo potere per farlo. Occorre creare nuovi modelli di aggregazione e di rete. Tenere le differenze e riuscire nello stesso tempo a dare rappresentanza a chi non ce l’ha. La dimensione della lotta rappresenta comunque una grande speranza Pur con tutte le difficoltà e il pessimismo, nei momenti in cui si riesce a costruire qualcosa per quanto minimo a farsi sentire la fiducia cresce. Poi viene facilmente castrata perché le risposte della controparte pesano per la loro negatività. Ma anche solo il fatto di mettersi insieme e fare un comunicato già dà una grande speranza. Anche perché tutti vivono la propria condizione come una colpa. E lavorare per migliorare qualcosa serve e sconfiggere questo sentimento.

La politica non è estranea a questa critica. Cosa pensi?

E’ chiaro che la politica deve dare delle risposte. A me sembra evidente che fino ad oggi ha risposto ad esigenze che vanno nella direzione di abbassamento del costo del lavoro. A livello più diretto va bene qualsiasi politica posto che la nostra società ci impone certe scelte di politica economica comunque la politica una qualche tipo di risposta la dovrebbe dare ad una società ridotta in questo stato comatoso. Mi sembra che il percorso per un reddito garantito, per esempio, sia sicuramente una battaglia importante. L’Italia è rimasta molto indietro. Passare da un reddito mensile a zero vuol dire non poter pagare più le bollette e non poter più vivere. E’ una questione di dignità dare il diritto di vivere a chiunque.

Se potessi scrivere un appello alla sinistra cosa scriveresti?

Direi di tornare nei luoghi dove si lavora ed essere presenti nelle lotte dei lavoratori e dei precari. Quello che vedo io è che sia la sinistra in generale sia quella radicale che l’altra sono partiti molto verticistici e un po’ intellettualoidi che vengono a chiederti il voto ma si tengono lontani quando i lavoratori hanno più bisogno di loro.

204d6f9d051af03c05ea632cf7a2df80_w384_h259_scEstratto di una intervista di Marcelo Salles ad Eduardo Galeano…

Hugo Chávez è un demonio. Perché?

Perché ha alfabetizzato 2 milioni di venezuelani che non sapevano né leggere né scrivere, anche se vivevano in un paese che ha la ricchezza naturale più importante del mondo, che è il petrolio. Ho vissuto alcuni anni in questo paese e ho conosciuto molto bene ciò che era. Per il petrolio lo chiamano “Venezuela Saudita”. Aveva 2 milioni di bambini che non potevano andare a scuola perché non avevano documenti. Allora arrivò un governo, questo governo diabolico, demoniaco, che fa cose elementari, come dire “I bambini devono essere accettati nelle scuole con o senza documenti”. E allora è caduto il mondo: questo è una prova che Chávez è un  malvagio malvagissimo. Giacché ha questa ricchezza, e grazie al fatto che per la guerra dell’Irak il petrolio è quotato molto alto, lui vuole approfittare di questo per fini solidaristici. Vuole aiutare i paesi sudamericani, principalmente Cuba. Cuba manda medici, lui paga con il petrolio. Ma questi medici sono stati anche fonte di scandali. Dicono che i medici venezuelani fossero furiosi per la presenza di questi intrusi che lavoravano in questi quartieri poveri. Nel periodo in cui vivevo là come corrispondente di Prensa Latina, non ho mai visto un medico. Ora sì che ci sono medici. La presenza dei medici cubani è un’altra evidenza che Chávez è sulla Terra in visita, perché appartiene all’inferno. Allora, quando si leggono le notizie, si deve tradurre tutto. Il demoniaco ha questa origine, per giustificare la macchina diabolica della morte.

Fonte: La Haine

besmaPubblichiamo l’intervista a Besma Khalfaoui, moglie di Chokri Belaid, diffusa da RTL soir, dopo poche ore dall’omicidio del compagno tunisino. Besma è scesa subito in piazza con il segno della vittoria! Insieme ai compagni e alle compagne ha lanciato uno dei più grandi scioperi generali della storia della Tunisia. Il saluto a Belaid si è tramutato in una gigantesca manifestazione politica che ha portato più di un milione e mezzo di manifestanti a gridare “il popolo vuole la caduta del regime!”. “Ennahdha degage!” nelle strade della capitale. La presenza delle donne della rivoluzione durante la manifestazione è stata altissima quanto determinata. Anche questa è la straordinaria Tunisia di lotta e di dignità! Differente e contrapposta a quelle poche migliaia (3000) di manifestanti pro-governo e legati ad Ennahdha e altre fazioni islamiste, che ieri hanno avuto anche il coraggio di scendere in piazza al fianco del Ministero degli Interni, nel mal riuscito e meschino tentativo di deturnare il dibattito pubblico scandendo slogan contro la Francia. Il segno della vittoria di Besma, già in strada dopo poche ore dall’assassinio di Belaid, che sia da monito alla transizione democratica degli islamisti a stelle e strisce, e dei fascisti verdi delle petrol-monarchie.

DOMANDA: Vostro marito Chokri Belaid, segretario generale del Partito dei Patrioti Democratici Uniti, è stato assassinato questa mattina mentre usciva dalla vostra abitazione. Si sentiva minacciato in questo periodo?

RISPOSTA: Certo, era sempre minacciato, riceveva minacce da ben quattro mesi: su facebook, al telefono. Alcuni responsabili politici lo avevano avvisato avvertendolo della gravità della situazione.

D: Secondo lei perché è stato preso di mira?

R: Perché divulgava informazioni per far sapere le verità del suo paese; non voleva che tali informazioni venissero nascoste al popolo tunisino. In questo paese ci sono alcune persone messe in sicurezza e altre, come mio marito, uccise alle 8 di mattina in mezzo alla strada, davanti a tutti con quattro colpi sparati alla testa e al cuore in modo che non si potesse più muovere.

D: Quando parla di “alcune persone”, si riferisce al partito islamista al potere?

R: Sì esattamente, parlo proprio del partito islamista Ennahdha che è al potere. Ci sono due correnti all’interno del partito, quella fuori dal potere che continuava a dichiarare pubblicamente, dentro le moschee, la morte di mio marito e l’altra, costituita dal ministero degli interni che avrebbe dovuto garantire la sicurezza ad un leader politico. Accuso Ennahdha di essere responsabile dell’omicidio.

D: Come vi spiegate che malgrado le minacce esplicite il governo non abbia protetto vostro marito?

R: Non sono io che devo rispondere a queste domande!

D: Quindi lei sta affermando che al governo andava bene che suo marito non fosse protetto?

R: Certo. Andava bene al partito Ennahdha. Loro vogliono uccidere chi dice la verità, vogliono uccidere la democrazia, vogliono affondare la popolazione nella violenza.

D: Domani è stato chiesto uno sciopero nazionale da quattro partiti dell’opposizione, questa sera lei chiederà la fine del governo?

R: Io lo spero, io spero nella fine del governo.

D: Oggi, a due anni dall’inizio della primavera araba, lei può dire di rimpiangere Ben Ali?

R: Ah no, io non rimpiango assolutamente Ben Ali perché è a causa sua che ora ci troviamo in questa situazione, io ora aspetto, chiedo solo la democrazia. Ora siamo qui(siamo contro questo governo) perché questo potere è lontano dalla democrazia, è un potere che non conosce il dialogo.

D: Potete affermare che vostro marito è morto per la democrazia?

R: Certo, mio marito è morto per il paese. E’ morto per la democrazia, lui stava instaurando la democrazia.

D: Stiamo assistendo ad un ritorno della violenza nelle strade in Tunisia, volete mandare un messaggio agli oppositori che stasera scenderanno a manifestare per la morte di suo marito?

R: Voglio dire a tutti di essere uniti per evitare che il potere vinca. Uniti contro questa espressione di violenza.

D: Domani andrete a manifestare signora Khalfaoui?

R: Oggi sono scesa a manifestare, perché mio marito avrebbe fatto la stessa cosa. Domani farò lo stesso, scenderò di nuovo nelle strade. Io e i suoi compagni continueremo in nostro percorso. Non smetteremo mai di parlare. Ci saranno 1000 Chokri Belaid.

75a60c4aa1dde0db3b4dd39774916ab6_L“Bravo Milan e forza Boateng! Le leggi sul razzismo ci sono, lo Stato deve applicarle”. E’ quanto Antonio Ingroia, candidato premier della lista di sinistra Rivoluzione Civile, ha scritto su Twitter a proposito della scelta del Milan di abbandonare l’amichevole con la Pro Patria, ieri pomeriggio, in segno di protesta contro i cori razzisti che offendevano il giocatore Kevin Prince Boateng. Stamattina l’ex magistrato, in un’intervista concessa al quotidiano La Repubblica, aveva detto di non avere ”Nessuna paura dello sbarramento, vedo molto entusiasmo intorno a me” e in ogni caso ”i sondaggi ci danno al 5 per cento ed esistiamo da appena una settimana”. Inoltre Ingroia ha confermato di puntare e contare ancora sulla possibilità di dialogo sia con il Pd sia con Grillo. ”I nostri punti fermi – dice – sono l’alternativa al berlusconismo e al montismo. Non demonizziamo Grillo come antipolitica e non demonizziamo Bersani come partitocrazia. Vogliamo confrontarci sui contenuti”. A proposito del suo inserimento a caratteri cubitali nel simbolo della lista, che tante polemiche ha suscitato, l’ex magistrato si è giustificato affermando: ”io tenevo al nome ‘Rivoluzione civile’ ma gli esperti di immagine ci hanno spiegato che c’è troppo poco tempo, che serviva qualcosa di immediatamente riconoscibile” ma ”non ho alcuna intenzione di fare un partito personale”. Ma durante la giornata altre polemiche sono state scatenate dalla ripubblicazione, da parte di alcuni siti web, di una dichiarazione dell’ex magistrato che potrebbe renderlo inviso a una parte del suo possibile elettorato. A metà dicembre, quando si cominciava a preventivare la scelta di Ingroia come candidato di punta dell’aggregazione tra i partiti a sinistra del PD, sul suo profilo Facebook “Avvocati liberi” il legale catanese Goffredo D’Antona aveva ricordato quanto il magistrato aveva affermato nel luglio scorso, all’indomani della pur mite sentenza di condanna di alcuni dirigenti delle forze dell’ordine ritenuti responsabili di alcuni reati durante la repressione delle manifestazioni del 2001 contro il G8 di Genova. Durante un’intervista rilasciata ai microfoni del programma La Zanzara condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo, e riportate da Il Fatto quotidiano del 9 luglio 2012, Ingroia aveva detto: «La legge va applicata anche nei confronti degli uomini migliori ma la solidarietà dell’ex capo della polizia (Gianni De Gennaro, ndr) nei confronti degli agenti condannati è normale, comprensibile. Non la trovo inopportuna. Gli uomini condannati sono persone valide, alcuni li ho conosciuti anch’io». Affermazioni gravissime secondo D’Antona – che insieme ad altri avvocati etnei dell’Osservatorio dei diritti, è stato promotore proprio di una petizione online in cui si chiedeva al premier Mario Monti di sollevare De Gennaro dal ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio – che commentava: «Quindi i casi sono due: o mi date del mafioso, o mi dite che a Genova per strada c’erano fascisti, che quindi si potevano picchiare». E poi ancora, rivolto ai sostenitori del magistrato: «Cari compagni, state facendo un errore gravissimo. Per la speranza di superare lo sbarramento elettorale vi state unendo con difensori dei macellai della Diaz».

Fonte: Contropiano

don-gallo_INTERNA-NUOVASe sono pecorelle smarrite o solo furbe o anche diaboliche ce lo dirà don Andrea Gallo. E lui deciderà se riportare alcuni dei volti che hanno segnato questo 2012 nell’ovile oppure dirottarli altrove. Sono prevedibili molte penitenze e poche assoluzioni.

Don Gallo è stato un bravo marinaio e da Camogli guarda ogni mattina il mare e si fa il segno della croce. L’Italia è affondata quella notte al largo del Giglio…Mamma mia che vergogna, umiliati nel mondo. Tutti i miei compagni a dirmi: ma hai visto che roba?

L’Italia come la Costa Concordia…Se abbiamo comandanti come Schettino! Ma chi gli ha dato la patente?

Difficile redimerlo con gli esercizi spirituali…Penso anch’io: al tribunale che lo giudica proporrei come pena accessoria la reiscrizione alla prima classe dell’istituto nautico di Piano di Sorrento, dove mi pare viva. Inizi dalle asticelle, e prosegua piano piano.

Vedo invece perfetto per gli esercizi spirituali il professor Monti…Diamine! Sei mesi di esercizio a questo novello chierichetto del capitalismo. Tutto precisino, a modo, pieno di sé, bravo, buono. L’economista che rende poveri i poveri e ricchi i ricchi. Con l’aiuto del Vaticano, che nemmeno De Gasperi aveva ricevuto in forme così macroscopiche, avrà un buon convento dove ritrovare il silenzio come arma di speranza e fede. Lui sei mesi in assoluto silenzio, e sei mesi di corrida canora e feste e ogni altra felicità ai disperati che hanno perso il lavoro.

Nell’agenda al primo punto: la felicità per i poveri…Stop. L’agenda è una parola diabolica. Adesso tutti con questa agenda: l’agenda Monti, l’agenda Ingroia, l’agenda Grasso. E perbacco, finitela.

Ah, Ingroia e Grasso, vero. I due magistrati conquistadores di voti…Ma che diavolo combinano? Tu Grasso hai vissuto tutta la vita nel tribunale e adesso, sul più bello…. No no no. A me non garba molto di vederli candidati.

Dobbiamo però assolvere qualcuno, altrimenti solo penitenze e carboni nella calza della Befana…Diamogli un’assoluzione con riserva. Con monito e buffetto.

Le inquadriamo nel grande cesto delle pecorelle smarrite…Diciamo smarrite.

In effetti esistono anche le pecorelle senza speranza…Quando la storia si ripete si trasforma quasi sempre in farsa. Berlusconi che ripete la campagna elettorale e non si accorge di essere divenuto un perdente.

L’ha visto in compagnia della bella giovanotta, quella Pascale…Siamo alla farsa, la storia si ripete anche qui.

È pur sempre l’unto del Signore…A lui chiederei non preghiere ma opere. Un giretto nell’Africa a fianco dei padri comboniani di Alex Zanotelli. Il giorno a trovare acqua, la sera a far sorridere i bimbi con spettacolini musicali, veda lui. Un anno di impegno e anche la sua faccia incartapecorita dal fard trarrebbe grande giovamento. Come si sa, il volontariato fa bene all’anima e al corpo.

Un po’ dei suoi soldi farebbero bene ai diseredati del mondo…I fondi Mediaset li destinerei agli ospedali di Emergency. Anzi sa che ti dico? Per Berlusconi il migliore training sarebbe in un ospedale di Gino Strada. Reparto ortopedia, assistenza e cura dei feriti da cause belliche.

È tremendo, a lui fa impressione il sangue…È vitale la rigenerazione.

Provi pietà almeno per Veronica, oramai la sua ex…Resista all’idolatria del danaro. Scopra il Vangelo e guardi alla solidarietà. Stacchi un assegno pari almeno all’ottanta per cento di quel che riceve per le comunità di recupero, per i bisognosi e i cassintegrati. Prediletta dal Signore è colei che dona.

Solidarietà, anche a sinistra dovrebbero tenere a mente questa parola…Urca! Cosa mi dici adesso, penso subito a Bersani. Uè Bersani, ma mica hai capito chi è Monti? Chiama i migliori economisti e fatti spiegare cos’è la crisi, perchè a me pare una grande fregatura che il capitalismo, con questa storia della recessione, dà ai ceti operai. Svegliati, non andare a braccetto con i banchieri.

E prega, e redimiti…Pregare non è obbligatorio, ma redimersi sì. E faccia un po’ come Landini, guardi al bell’esempio Fiom.

La Fiom, la sua cocca…Medaglia d’oro e assoluzione con lode alla Fiom. Grazie a loro il lavoro è entrato nelle case degli italiani come un valore prima che una necessità. Il lavoro significa anche dare attuazione al primo articolo della Costituzione. Dare lavoro, dare dignità all’uomo. Questo è il Vangelo.

Don Gallo, presto si scoprirà che lei è un prete finto, un comunista che ha rubato la tonaca in sagrestia…Vuoi scherzare? Parli così solo perché sono un presbitero che non fa parte della casta sacerdotale.

Presbitero comunista…Un compagno mi chiama e mi fa…

Fonte: Il Fatto Quotidiano

“La Val di Susa che resiste alla Tav é come la Gallia sotto l’assedio dei romani di Giulio Cesare”. A dirlo è Obelix in persona, per la pellicola, cioè Gerard Depardieu, il celebre attore francese di fama mondiale, che ancora una volta esprime il suo sostegno alla Valle e alla lotta notav in un’intervista a Repubblica. Chissà come replicherà adesso il presidente francese, Francois Hollande, alle battute al veleno lanciategli contro da Gérard Depardieu, icona del cinema mondiale e di nuovo protagonista principale in un episodio della saga di Asterix e Obelix. Il gigante gallico, con il suo sorriso bonario e la sua pancia vistosa, è tornato ieri a dire la sua, in un’intervista rilasciata a la Repubblica nelle pagine nazionali, sul progetto della Tav in Valle di Susa, e con la schiettezza e onestà che lo contraddistingue (parlare di Obelix e di Depardieu è la stessa, i due personaggi si fondono l’uno nell’altro) ha dichiarato il suo no più deciso al passaggio della Torino Lione dalla Val di Susa, difendendo a spada tratta i vigneti, gli agricoltori, i valligiani e tutte le persone di buona volontà che si oppongono alla distruzione di un patrimonio ambientale e paesaggistico di fronte al quale non si può che avere rispetto. Depardieu attacca nell’intervista il presidente Hollande perché, secondo il suo giudizio, non è una persona di cultura, è infantile e piccolo, e dunque incapace di valutare e riconsiderare l’impatto di un’opera così invasiva in un territorio talmente fragile dove sono presenti vigne, boschi, terreni agricoli e prati. La vera notizia però è la felicità che l’attore francese esterna, in occasione del lancio del suo film Asterix e Obelix al servizio di Sua Maestà, appena uscito in Francia e in gran parte del nord Europa, e presto anche in Italia (nelle sale dovrebbe arrivare subito dopo Natale), per la bella coincidenza che vede il suo Obelix sui vessilli e sui manifesti No Tav nella Valle e ovunque. Depardieu è entusiasta perché vede una similitudine tra la resistenza dei ‘suoi’ Galli nel campeggio-roccaforte in Britannia, con la resistenza della popolazione locale, dei contadini, allevatori e di tutto il movimento No Tav che non vogliono l’assedio dei cantieri e del treno che divorerà la terra. Un tema caro a Depardieu, che chiede infatti che la terra sia lasciata dov’è e com’è, senza mezzi termini. “Fanno bene sul versante italiano a difendere la propria terra – spiega Depardieu – è un sacrosanto diritto battersi affinché una valle piena di campi, prati e vigneti, non venga devastata e cancellata per sempre. Io sono al loro fianco, e anche Obelix… Non sono contrario per partito preso al progetto dell’alta velocità, anzi credo che serva per lo sviluppo, ma non è concepibile che per collegarsi a Lione il treno passi per una valle dove si coltivano filari di vigne e terreni agricoli. No, la terra non si tocca”.

Fonte: www.notav.info